Barbagia a 360°

Benvenuti ad Aritzo, nel cuore della Sardegna! Tra i più suggestivi percorsi del territorio aritzese c’è senz’altro quello che conduce alle antiche Neviere o domos de su nie (case della neve): profondi pozzi circolari delimitati da muretti a secco dove si depositava la neve, successivamente raccolta durante l’estate, quando ormai trasformata in blocchi di ghiaccio veniva trasportata e venduta nel resto dell’isola e con cui gli aritzesi preparavano la Carapigna, delizioso antesignano del sorbetto di ghiaccio, limone e zucchero che conosciamo ora.

Per raggiungerle, si parte con i Buggy: a 800 metri di altitudine, immersa tra i castagni, anticipa la meraviglia dei sentieri da percorrere all’interno di fiabeschi scenari. Fitti boschi secolari di lecci e querce, rocciai dimora di numerose cascatelle e macchia mediterranea nascondono ovili abitati nei secoli dai pastori che qui trascorrevano i lunghi periodi di transumanza. Risalendo per le stesse antiche mulattiere, percorse in passato dai carretti trainati da muli o cavalli dei commercianti del ghiaccio, si arriva su un grande pianale su cui troneggia la vedetta antincendio di Mont’e Tuvara. Posta a 1380 metri d’altezza, domina tutta la valle del Flumendosa e quando il cielo è terso, l’orizzonte si allunga fino al mare che bagna le coste oristanesi. Qui, val la pena una sosta con i Buggy per proseguire a piedi con un agile e breve trekking fino al pianoro delle due sorgenti d’acqua pura e freschissima di Funtana Cungiada, inserito nel Sito d’Interesse Comunitario dei Monti del Gennargentu, a 1450 metri d’altitudine, regno del silenzio, dove nel rispetto di questa caratteristica non di rado si può incontrare qualche esemplare di muflone, animale simbolo dell’isola, forse introdotto dall’uomo nel Neolitico in Sardegna ma anche bellissimi cavalli selvatici mentre vola alta l’aquila, regina dei cieli del Gennargentu. Una volta arrivati avrete anche la possibilità di partecipare ad un laboratorio per la preparazione del sorbetto utilizzando gli antichi utensili, un’esperienza davvero unica.

Il secondo giorno vi aspetta un emozionante trekking al punto più alto dell’isola. Il Gennargentu è la catena montuosa più elevata dell’Isola e la vetta che porta il nome del generale sabaudo, con i suoi 1834 metri, è il suo spettacolare e meraviglioso culmine. Per perdere il proprio sguardo in un panorama che toglie il fiato bastano poche ore di camminata lungo un sentiero ben segnalato e mai troppo impegnativo. Uno dei più battuti è sicuramente quello che dalla località S’Arena porta fino a Punta La Marmora: circa 14 chilometri tra andata e ritorno, per un totale di cinque ore di camminata. Sosta ai ruderi del Rifugio Lamarmora per consumare il pranzo al sacco. Si riprende il cammino fino alla cima, da dove è possibile ammirare un panorama a 360 gradi che va da nord a sud, da est a ovest, dal mare fino ai profili delle altre montagne dell’Isola, a cominciare dal più vicino Supramonte. Dopo aver provato la grande emozione di aver conquistato il punto più alto della Sardegna, e aver lasciato una firma nell’apposito diario contenuto in una scatola di metallo, si riprende lo stesso sentiero dell’andata fino a tornare esattamente al punto di partenza, in località S’Arena. Il trekking di Punta La Marmora è forse il più suggestivo tra quelli possibili sul Gennargentu. Lo è innanzitutto per il panorama con pochi eguali, ma anche per l’ambiente immediatamente circostante. Il sentiero si sviluppa infatti tra alcune pietraie e una vegetazione particolarmente bassa per via delle rigide temperature invernali. Il contesto, soprattutto nei mesi più caldi, è quasi lunare. Tra le altre cose, non sono affatto rari gli incontri ravvicinati con le numerose specie animali che popolano il massiccio, come pecore, mucche, cavalli, mufloni e uccelli, a cominciare dall’aquila reale.

Il terzo giorno immergetevi nelle tradizioni artigianali di questo territorio unico. Parteciperete ad un laboratorio che ripropone tutte le fasi della filiera della lana dalla lavatura alla cardatura e filatura con attrezzi della tradizione sarda per finire con la tintura realizzata con le erbe tintorie del territorio. Erano le donne che coprivano tutta la filiera, dal lavaggio della lana sucida, all’asciugatura, cardatura e filatura. La tintura naturale della lana rappresenta la riscoperta e la valorizzazione di un mestiere antichissimo della Sardegna, comune a tante altre culture. Anticamente tra le attività quotidiane delle donne che avevano il telaio nella propria casa, c’era la tessitura. Tessevano il corredo di nozze, i tappeti, le coperte e la biancheria per la casa. La lana utilizzata era ovviamente quella della pecora sarda, filato molto rustico e resistente occupavano della raccolta delle erbe tintorie per preparare i bagni di colore e tingevano la lana fino ad ottenere tutti i colori necessari per il manufatto che volevano realizzare. Il tessuto ottenuto dalla tessitura della lana di pecora sarda (orbace) era particolarmente ispido e ruvido e non si poteva confezionare alcun capo se prima non veniva battuto (follato) nelle gualchiere. A Tiana (NU) nel Museo di Archeologia industriale assisterete alla battitura della lana di pecora nell’unica gualchiera ancora funzionante in Italia. I due grossi martelli lignei, messi in movimento dalla ruota che sfrutta l’energia dall’acqua del fiume, battono sulla stoffa fino ad ammorbidirla e/o infeltrirla per realizzare coperte, costumi sardi tradizionale e su “Saccu”, il cappotto impermeabile usato dal pastore sardo nel corso dei secoli. Dal paese di Tiana vi sposterete a TONARA (6 km) paese noto per la produzione artigianale del torrone. Potrete assistere alla lavorazione del dolce tradizionale con degustazione e avrete la possibilità di acquistare i prodotti locali. Potrete, inoltre, visitare il laboratorio dell’artigiano che realizza a mano i campanacci sardi seguendo un’arte e antiche tecniche che si tramandano da generazioni. I campanacci per mucche, pecore, cani da caccia hanno diverse forme e dimensioni ed ognuno di essi ha un suono diverso che li rende pezzi unici.

Il quarto giorno andate alla scoperta di un’altra unicità, il Mandrolisai. Il Mandrolisai è un territorio dalla forte tradizione vinicola le cui condizioni climatiche e geografiche presentano un clima caratterizzato da poche piogge e da lunghe estati che garantiscono una perfetta maturazione dell’uva. Il terreno è caratterizzato da sabbioni granitici e, l’insieme di tutti questi elementi, rendono i suoi vini speciali. Questi sono identificati dalla denominazione “Mandrolisai DOC” riservata ai vini rossi e rosati prodotti con uve provenienti dai vitigni locali. Diverse cantine della zona offrono la possibilità di conoscere le tradizioni vinicole del Mandrolisai facendo un tour enologico nei propri vigneti. I vigneti di Atzara, Meanasardo e Sorgono sono tra quelli più importanti dell’area e perciò hanno ottenuto un importante riconoscimento a livello nazionale entrando a far parte della lista dei “Paesaggi storici rurali” d’Italia. Ogni paese ha le sue particolarità e potrete scegliere quale cantina visitare ed abbinarci la visita ad un sito archeologico nelle vicinanze. 

A Sorgono è possibile visitare la Cantina Sociale del Mandrolisai e degustare i suoi vini. Unitamente a ciò si propone una visita guidata al parco archeologico di Biru ‘e Concas (la Stonhenge sarda) un complesso megalitico con una concentrazione di menhir del Mediterraneo, risalente a circa cinquemila anni fa. Nei pressi del parco dei menhir è anche possibile visitare il santuario campestre di San Mauro, (magnifico esempio di eclettismo architettonico circondato da “muristenes” alloggi per i pellegrini, risalente al 1200 e fondato dai monaci benedettini. 

A Meana Sardo si può visitare la vigna e che sorge nei pressi del nuraghe Noltza, un importante sito archeologico depositario dei segreti di un paesaggio millenario. Nella cantina Fulghesu si possono degustare i vini della cantina omonima, in particolare il Cannonau. 

Ad Atzara, altro importante centro del Mandrolisai, diverse cantine offrono visita dei vigneti e degustazione di vini rossi e bianchi. Agli inizi del 1900 Atzara fu un importante punto di incontro di artisti provenienti dalla Spagna (costumbristi) affascinati dagli aspetti della cultura tradizionale locale e importanti pittori isolani. Interessanti opere sono raccolte nella pinacoteca dedicata al pittore iberico Antonio Ortiz Echague.